a Giuseppe Ungaretti
Su quest’arca di pietre al largo del mattino,
mentre plana la cornacchia e il lombrico
scava la sua paziente miniera, un passero saltella
sul prato della mia tenerezza, la vertebra
secolare sfarina sotto il piede incuriosito…
Ordina all’erba di non crescere, alla torre
che smetta di crollare: il tempo accorda
il suo orologio su quello del bambino
che stana il mostro, mi scorta nel cunicolo
attraverso l’inferno della sua fantasia.
Non è assurdo l’esistere: segue altra logica
(vecchio maestro, mio Noè, soccorrimi!) e,
amica, per quella fibbia uscita dalla tomba,
mai si saprà chi abbia avuto ragione.
da Un amore senile e altre spezie, Book 2008