mercoledì 21 agosto 2019

Il monotipo della luna


Tra i "monotipi degli anni Sessanta" del Novecento si distingue questa opera di piccole dimensioni, che potremmo definire "della luna" o forse di Marte. Ario (Ariodante Marianni) spesso non attribuiva un titolo alle proprie opere, lasciando che fosse il pubblico, se voleva, a cercare titoli corrispondenti alle emozioni o ai pensieri che l'opera gli suscitava. E questo ci pare evocativo di luci, vapori, creature extraterrestri. L'opera è del 1964.

martedì 7 maggio 2019

Il soliloquio dell'insonne, di Ariodante Marianni

Il soliloquio dell'insonne
quel credulo appagante almanaccare,
proiezione dei propri desideri
ed esorcismo dell'annientamento,
svapora come il fiato
in un freddo mattino come tenta
di farsi verbo,
come s'incarna in simbolo o metafora,
mosca afferrata al volo
che aperto il palmo e' sparita.

Da Una strana gioia, 2003


giovedì 21 marzo 2019

Cronache, di Ariodante Marianni

Domenica mattina, primi giorni
di primavera, litorale adriatico.
Passeggiamo tenendoci per mano.
Le suole affondano nell'umida sabbia,
il cuore è allegro, intorno aria di festa.
Laggiù, oltre il molo, spuntano vele
da diporto, al centro, un vecchio asciutto
manovra con sapienza un lungo filo
con undici aquiloni allineati: li alza
e li fa scendere in picchiata, li volteggia
in eleganti ghirigori. Più in alto,
gabbiani gareggiano col vento. Una folata
mi sospinge tra i piedi un foglio di giornale;
ne occhieggio il titolo: sopra altre sabbie,
undici giovani in una camionetta
saltano in aria su una mina. Stretta
all'aorta. Ma lei mi bacia e io torno felice.


da Un amore senile e altre spezie, Book editore 2008

Giornata Mondiale della Poesia

giovedì 7 marzo 2019

Per Ariodante Marianni, di Vincenzo Guarracino

Sulla rivista FERMENTI, n. 248, leggiamo un appassionato articolo di Vincenzo Guarracino, in ricordo di Ariodante Marianni. 
Guarracino ne commenta, con il consueto acume, alcune poesie, sia da Una strana gioia (2002), sia dall'ultima raccolta ''straordinaria e postuma '', Un amore senile e altre spezie (2008).
''Sensibilita' in grado di investirsi in modo onnivoro tra scrittura, critica, traduzione e pittura, sempre conservando e rivelando una capacita' straordinaria di stupore...'' osserva Guarracino di Marianni. E non sbaglia.



Troviamo la recensione anche su una rivista lombarda, grazie alla passione intellettuale di Guarracino.


sabato 23 febbraio 2019

L'uccisione del maiale, di Ariodante Marianni

       A Mario Socrate

Hai mai visto ammazzare un maiale? 
Da queste parti ancora lo macellano 
"al modo antico" che, dicono, 
dà i risultati migliori: carni bianche, 
senza residui sanguigni che le farebbero marcire. 
E' un modo atroce, che la legge proibisce.
Vanno al porcile, legano l'animale, 
gli infilzano nel grifo un uncino appuntito, 
tirano, e lo trascinano a un tavolaccio inclinato 
su cui lo stendono e lo sgozzano; 
e mentre quello urla e si dibatte, 
gli versano addosso acqua bollente 
e cominciano a radergli le setole 
(gliene versano anche in un orecchio 
perché gli spasmi aumentino 
e il sangue sia espulso con più forza).
Mi capitò di assistervi, una volta; 
non c'era crudeltà nei loro occhi: 
gesti precisi, coordinati, compiuti 
in calcolata successione, come un rito; 
e a cose fatte (sezionato il corpo, 
salate e insaccate le carni), nell'Agape 
che lo corona, la gaia compiacenza 
del còmpito bene eseguito. L'episodio 
mi è ritornato su come un rigurgito 
la notte scorsa, guardando un film giallo 
in cui un sicario parla di "contratti" 
con distaccata professionalità.                  
Le idee si associano spontaneamente: 
c'è un abisso fra l'ammazzare il porco 
e l'etica del killer! ma se rifletti, 
un legame lo trovi: è la coscienza 
dissociata dall'atto, l'alibi del lavoro 
"fatto secondo le regole" 
(che possono essere le più diverse: 
patti, usanze, modelli, ordini, leggi, 
dottrine e dogmi, e via discorrendo).      
C'è un'ossessione che mi porto dietro 
da quand'ero ragazzo, più oppressiva 
in questi giorni che scontiamo le ore 
d'un ultimatum di guerra: 
generali ed esperti intorno a un tavolo 
con le carte geografiche. In un silenzio 
che scava vuoti nella mente, 
un dito indica un punto su una mappa 
e una voce dà un ordine .


E' più d'un mese che ho interrotto
questa lettera: giorni vissuti male, 
sballottolati come sugheri fra ondate 
di pessimismo e speranza 
che la violenza atavica non prevarrà. 
Incollati davanti ai teleschermi, 
assistiamo "in diretta", ora per ora, 
al più antico spettacolo di massa.
Commenti e immagini, montate a ritmo 
incalzante, mantengono viva la suspense.
Vediamo truppe e carri armati, navi 
cannoneggianti, squadriglie in volo, 
fiamme e crateri (pochissimo  i morti, 
per non commuoverci troppo).
Alti gradi e politici o i loro portavoce 
arrivano ogni tanto a raccontarci 
le loro epopee rassicuranti.
Nel cielo buio delle Mille e una notte, 
missili e contraerea fanno le belle luminarie; 
dal deserto soffiano nebbie di sabbia.  

Amico mio, che inganno è il nostro! 
Vorremmo cose all'apparenza semplici, 
ma che sono impossibili; 
è triste ammetterlo, appartengono ai Miti.
E io mi sento ogni giorno più vicino 
a quel vecchio barbone che al tramonto 
rientrava nella botte dalle strade di Atene, 
reggendo in mano un lume traballante, 
un moralista disilluso che non poteva più soffrire 
di sentir esaltare questa meschina, tracotante, 
stolida, reiterata Storia delle vicende umane, 
così poco eccitante da stonare le trombe 
ad ogni minima variante del tedio millenario.
Batteri e virus sono i veri padroni 
(ho l'influenza, lo dico con cognizione di causa) 
e quanto noi contano topi e rane.   
  
Ho perso il filo da un pezzo, non so nemmeno 
come volevo concludere.
Poco male, diciamo che ti ho scritto 
per raccontarti come ammazzano il maiale 
da queste parti (Agro romano, alto Lazio).

Castel Giuliano, gennaio/febbraio 1991 


        Da  Una strana gioia (poesie 1982 - 2002), Manni Editore 2003.

Baghdad sotto i bombardamenti alleati il 18 gennaio 1991 (Ap. Corriere della Sera)

sabato 16 febbraio 2019

Ci fu un tempo, di Dylan Thomas. Traduzione di Ariodante Marianni

Was there a time
Was there a time when dancers with their fiddles
In children’s circuses could stay their troubles?
There was a time they could cry over books,
But time has set its maggot on their track.
Under the arc of the sky they are unsafe.
What’s never known is safest in this life.
Under the skysigns they who have no arms
Have cleanest hands, and, as the heartless ghost
Alone’s unhurt, so the blind man sees best.

Ci fu un tempo
Ci fu un tempo che i funamboli con i loro violini
Nei circhi dei bambini potevano frenarne i turbamenti ?
Ci fu un tempo che potevano piangere sui libri,
Ma il tempo ha posto il verme sul loro sentiero.
Sotto l’arco del cielo essi non sono al sicuro.
Ciò che rimane ignoto in questa vita è più sicuro.
Sotto i segni del cielo chi è privo di braccia
Ha le mani più nette, e, come il fantasma senza cuore
È il solo illeso, il cieco vede meglio.

D. Thomas, POESIE E RACCONTI, Einaudi Editore

martedì 22 gennaio 2019

Recensione a LA POESIA E LA VITA sul sito LITERAY.IT

Poeta, traduttore e pittore, Ariodante Marianni ha distribuito la sua prolifica attività nel corso di quasi sessanta anni. Apprezzato dagli autori suoi coetanei e, tra l’altro, collaboratore di G. Ungaretti, è stato impegnato anche in ambito critico. Il volume presentato, che testimonia la sua vasta attività in campo letterario, è a cura di Eleonora Bellini che ha atteso anche alla documentazione dell’attività pittorica dello stesso Marianni in un volume edito da Colophon Libri (2005).
Se in pittura l’autore, con lo pseudonimo di Ario, componeva disegni astratti in cui la fantasia regnava sovrana tanto da lasciare all’osservatore la definizione del quadro, pure dai segni precisi e dal cromatismo rigoroso e bilanciato, in letteratura Marianni aveva il dono della semplicità e del pudore, mantenendo uno sguardo attento e ispirato, senza declinare in derive stilistiche sdrucciolevoli. Versi misurati che restituiscono al lettore la meraviglia del poeta, con un’attenzione spasmodica a mantenere una dimensione discreta e rispettosa delle voci altrui. Probabilmente la sua passione per la letteratura, peraltro alimentata da tanta frequentazioni e amicizie con i maggiori dell’epoca, e l’esperienza come traduttore (tra gli altri Yeats, Thomas, Auden, Dickinson), hanno prodotto in Marianni una consapevolezza e una ”responsabilità” nel dosare la propria scrittura, tanto da indurlo a proporsi in qualità di poeta soltanto laddove la penna premesse per necessità di sguardo, ovvero laddove effettivamente quella prospettiva potesse aggiungersi alla nostra, senza alcuna interferenza di un ego mai scomodo o invadente. 
Recensione completa sul sito http://www.literary.it

Rara fotografia di Marianni a cinquantadue anni