mercoledì 25 novembre 2015

Filosofia dell'urgenza

Quanti romanzi prendono le mosse da un manoscritto ritrovato, da un epistolario sepolto e fortunosamente riapparso, da una pergamena o da un documento che si credeva smarrito? Molti, dai più fortunati, famosi ed esemplari, fino ai più reconditi. E non vale la pena nemmeno di ricordarne i titoli, perché sono noti o notissimi ai più.  Filosofia dell'urgenza (Aletti 2015) di Andrea Bertolaso non è tra questi, ma è opera di originalità assoluta perché prende le mosse, per poi seguire la sua propria e specifica strada, da un'altra opera letteraria: Un amore senile e altre spezie di Ariodante Marianni. Ma come è stato possibile questo, visto che le opere di poesia hanno distribuzione limitata e circoscritta spesso al solo ambito regionale o degli addetti ai lavori? Per una coincidenza molto speciale, una crepa nei labirinti del caso o un battito d'ali della provvidenza o altro, chissà.
Bertolaso nel 2010 vince il Premio Ariodante Marianni per la poesia con una sua coinvolgente lirica. Il premio consiste nel dono di libri e tra questi, in genere classici di poesia e narrativa oltre alle principali traduzioni di poeti anglosassoni di Marianni, c'è anche Un amore senile e altre spezie.
Inizia così per Bertolaso un itinerario di lettura che diviene sempre più profondo ed empatico, inducendolo a scrivere, nel suo romanzo - articolato su tre piani narrativi che si compenetrano con ritmo serrato così come il titolo esige - anche la storia di quell'amore senile così come lo ha conosciuto e, in parte, immaginato attraverso la lettura delle poesie. Naturalmente l'autore, quando scende nel dettaglio dei dialoghi o degli avvenimenti di vita quotidiana o dell'intimità degli amanti, inserisce sue personali immagini, descrizioni e deduzioni, e tuttavia lo svolgimento della vicenda si mantiene fedele nell'essenza al dettato della silloge poetica e del vissuto dell'uomo che la scrisse. Così Alberto, il protagonista della storia narrata in Filosofia dell'urgenza (mai titolo fu più indovinato!) manifesta il suo stato d'animo dopo la prima lettura delle poesie: "... la gioia solo apparentemente infantile che coglieva in quei versi, gli dava un fortissimo senso di speranza, anche se non capiva esattamente quale ne fosse il motivo. Inoltre gli sembrava di comprendere quei versi con una partecipazione attiva che lo aveva letteralmente stordito. Non si stupì più di tanto quando si mise a conversare, oddio, conversare, a monologare, con il defunto poeta, come se questi lo poetesse sentire. E durante quel dialogo Alberto pensò seriamente che il poeta, lo stesse ascoltando..." (p. 11).
Ma attenzione: non vi è nulla di esoterico nel romanzo che narra bene e in profondità il quotidiano dei diversi protagonisti (vi si indovina la lezione di alcuni giallisti scandinavi contemporanei, con la loro narrazione della quiete e banalità del quotidiano di contro alla tragicità o all'eccezionalità di alcuni eventi). Vi è, invece, netta e ben definita la capacità di lettura attenta e non superficiale e, sicuramente, anche la manifestazione dell'incontro di personalità ugualmente e diversamente speciali, vissute su versanti diversi del tempo che ad ognuno di noi è concesso.
 © Eleonora Bellini
 

martedì 17 novembre 2015

Non andartene docile in quella buona notte, di Dylan Thomas


Non andartene docile in quella buona notte,
vecchiaia dovrebbe ardere e infierire
quando cade il giorno;
infuria, infuria contro il morire della luce.

Benchè i saggi infine conoscano che il buio è giusto,
poichè dalle parole loro non diramò alcun conforto,
non se ne vanno docili in quella buona notte.

I buoni che in preda all'ultima onda
splendide proclamarono le loro fioche imprese,
avrebbero potuto danzare in una verde baia,
e infuriano, infuriano contro il morire della luce.

I selvaggi, che il sole a volo presero e cantarono,
tardi apprendono come lo afflissero nella sua via,
non se ne vanno docili in quella buona notte.

Gli austeri, vicini a morte, con cieca vista scorgono
che i ciechi occhi quali meteore potrebbero brillare
ed esser gai; e infuriano
infuriano contro il morire della luce.

E te, padre mio, là sulla triste altura io prego,
maledicimi, feriscimi con le tue fiere lacrime,
non andartene docile in quella buona notte.
Infuria, infuria contro il morire della luce.

(traduzione di Ariodante Marianni)


mercoledì 4 novembre 2015

"Fragmenta Labyrinthi", ricerca artistica di Ario su Fermenti n. 243/2105

La rivista FERMENTI, edita a Roma dall'omonima casa editrice, ospita nel suo più recente numero un articolo di Eleonora Bellini sull' allegoria del labirinto nella pittura e nella poesia di Ariodante Marianni (pp. 77 - 83). L'articolo si propone di offrire alcune sintetiche linee di lettura sia della fase pittorica di Ario relativa ai "frammenti del labirinto", sia della presenza del medesimo tema nella sua poesia, in particolare in alcune liriche di Viaggio in incognito.
Un solo esempio qui, tratto da "Se in questo disordinato stupore":

[...]

Ed ecco, noi riprendiamo il cammino
in mezzo ai ruderi del labirinto, in cerca
di quel centro che non esiste, lungo vie
da gran tempo abolite, guidando il bimbo
per mano: per quell’amore, per quell’amore
che ci consuma, che già sappiamo inutile
sapienza, o forse solo elusiva bellezza.

Ario. Labirinti della mente e del corpo, fotografia b/n, 1970
 
 

domenica 6 settembre 2015

Non pensare subito alla rosa, di Ariodante Marianni

Non pensare subito alla rosa
se dico "fiore", pensa anche
al carciofo, che hai lì

nel piatto e sfogli
petalo dopo petalo
fino al cuore carnoso

ma non ti fidi, e ridi,
e vi affondi i dentini,
e me lo mostri, furbetta,

con le impronte ben nette,
beatamente trionfando
del mio noioso insegnamento,

perché la rosa è la rosa,
un fiore degno del nome:
il carciofo - non vedi? -

è un'altra cosa.

(da Una strana gioia, Manni 2003)





martedì 11 agosto 2015

Paesaggio con la caduta di Icaro di William Carlos Williams nella traduzione di Ariodante Marianni

Secondo Brueghel
quando Icaro cadde
era primavera

un contadino stava arando
il suo campo
la fastosa parata

dell'anno era
in atto tintinnando
presso

la riva del mare
attenta solo
a sé stessa

sudando sotto il sole
che scioglieva
la cera delle ali

al largo della costa
uno spruzzo
insignificante

affatto
inosservato era
Icaro che annegava.

Grande pittura e grande poesia, efficace e rapita traduzione: come rendere meglio l'indifferenza degli uomini e della natura dinanzi alla tragedia? Tragedia di Icaro come specchio ed emblema delle tragedie di ogni giorno e della storia: ciascuno è intento alle proprie quotidiane occupazioni e nessuno bada alle gambe del ragazzo Icaro, che annega e si perde nel mare: "uno spruzzo insignificante". Lungo più di cinque secoli di storia arte e poesia, immutabili ed eterne, ci accompagnano.


martedì 17 marzo 2015

UNA STRANA GIOIA, rileggendo poesie di Ariodante Marianni

Nell’aprile 2002 Ariodante Marianni pubblicò Stato d’allerta, silloge che comprendeva, e riproponeva ai lettori, testi scritti tra il 1948 ed il 1962. Si trattava dei suoi due primi libri di versi De l’amour e Viaggio in incognito (Cittadella, Biblioteca Cominiana, 1987 e 1988 rispettivamente) insieme ad un gruppo di altre liriche dello stesso periodo, inedite o pubblicate in riviste. Marianni è noto per la sua importante e magistrale attività di traduttore: Dylan Thomas, William Butler Yeats, William Carlos Williams, Walt Withman sono solo alcuni degli autori da lui resi in italiano con grande eleganza formale e profonda sensibilità poetica.
Ora, ad un anno esatto di distanza da Stato d’allerta esce Una strana gioia, oltre cento pagine per poesie degli ultimi venti anni, alcune delle quali (Brindisi di san Silvestro) già editi all’inizio degli anni Novanta sempre per la Biblioteca Cominiana e ora riproposti arricchiti di qualche lirica in più.
Scrive Mario Luzi nella quarta di copertina del libro: "Ariodante asciuga all’estremo l’istantaneo, l’emozionale della scrittura: non ci sono sbavature di sorta: e tuttavia la fa brillare di una vita seconda che è quella della saggezza, se si può dare questo nome all’acquisto di calma e di maestria nei riguardi del vissuto e delle sue immagini convulse".
La raccolta propone al lettore tre sezioni. La prima ha lo stesso titolo del libro e della poesia d’apertura:



Strana gioia di vivere
la chiamò Sandro Penna,

un frizzante vinello
un diavoletto in corpo.

Ti svegli e vai alla finestra,
respiri largo, ti stiri,

senza volerlo sorridi:
cerchi un motivo ma non c’è,

niente è diverso da ieri,
nessun prodigio è in corso.

Forse è un compenso

o un premio perché vivi.

Segue un numeroso gruppo di poesie per lo più brevi, pubblicate qui per la prima volta. I temi sono diversi e spaziano dall’amore a momenti di vita quotidiana, alle immagini del sogno o dell’insonnia, agli interrogativi esistenziali ed etici. La misura, e spesso l’ironia del linguaggio, contraddistinguono e levigano all’estremo queste liriche rendendone palpabili l’essenzialità e la purezza.
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Ario (Ariodante Marianni), geometrie senza titolo, 1974
 

lunedì 16 febbraio 2015

Viaggio in incognito

<Prevalentemente databili agli anni Cinquanta sono, tranne un mannello che risale ai primi anni Sessanta, le poesie che vanno a formare il secondo libro di versi di Marianni, quel Viaggio in incognito uscito nel 1988 sempre presso la Biblioteca Cominiana, e in prefazione al quale Mario Luzi ha scritto: "Ariodante asciuga all'estremo l'istantaneo, l'emozionale della scrittura, non ci sono sbavature di sorta. E tuttavia la fa brillare di una vita seconda che è quella della saggezza, se si può dare questo nome all'acquisto di calma e di maestria nei riguardi del vissuto e delle sue immagini convulse". Appunto. Il saggio, pacato, mite Marianni esprime la propria intima forza in pura coscienza dell'esistere riflessivo. La sua "saggezza" è quella dell'uomo e dell'intellettuale scisso, come inevitabilmente accade nel Moderno, ma che la propria scissione esplora e soppesa, di cui prende atto senza isterismi, dalla quale senza tregua riparte per misurarsi nel suo rapporto col mondo. Trent'anni o poco meno sembrano un tempo standard per la stagionatura dei prodotti di questo poeta che ama uscire allo scoperto come fosse ogni volta postumo a se stesso.>
Mario Lunetta, nella "Prefazione" a Stato d'allerta (Manni, 2002).
 
Da questa edizione (pag. 100) vi offriamo i versi che narrano le prime ore di un mattino di neve a Roma:
 
Durante la notte è nevicato, gli aghi
dei pini della villa sembrano in fiore,
brillano contro luce. Mi godo il paesaggio
dal grande prato del galoppatoio
 
(fra qualche ora l'incanto sparirà,
sull'asfalto le gomme già cancellano
con nere strisce il bianco, un pantano
sostituirà la candida glassa). Giro
 
lo sguardo: solo orme d'uccelli, e le mie
dietro. Su in alto, uno sciatore temerario,
sciarpa e berretto rossi, attraversa
la Porta, imbocca in discesa via Veneto.
 
 

martedì 3 febbraio 2015

Il treno si ferma a una stazione di transito

Il treno si ferma a una stazione di transito,
sull'altro binario sostano carri bestame.
Una bianca giovenca tra le sbarre
guarda verso di noi con grandi occhi
di ragazza in amore. Mi sporgo
e agito il giornale: solleva il muso,
strofina contro uno spigolo le tenere corna.

Penso alla candida Io, alla sua pazza corsa
dallo Ionio al Danubio, dal Gange all'Egitto;
penso a suo figlio Epafo, al sacro bue Api.

Il convoglio si muove al suo destino;
da un carro all'altro risuonano, come lunghi
muggiti, i segnali del corno a Roncisvalle.

(Ariodante Marianni, da "poesie cinesi" in Stato d'allerta, 2002)