lunedì 29 ottobre 2018

da Forum Italicum : A Journal of Italian Studies


Una nota su CONFITEOR, poemetto composto da Marianni nel 1952, in occasione del suo trentesimo compleanno e pubblicato 10 anni dopo a Roma in Poesia in piego, si legge in Forum Italicum vol. 18, 1984. Ve la ripoponiamo.


venerdì 28 settembre 2018

ARIODANTE, di Marzio Pieri

Sulla rivista di letteratura, storia e arte FERMENTI, diretta da Velio Carratoni (n. 457, 2018), si legge una appassionata ed esauriente recensione del volume LA POESIA E LA VITA. Ariodante Marianni dieci anni dopo, edito sempre per le Edizioni Fermenti nel 2017 e a cura di Eleonora Bellini. Marzio Pieri, autore del testo, nota, tra le altre cose, che si tratta di un libro tutto da leggere e tenere a portata di mano. Proponiamo qui la recensione per intero.





domenica 22 luglio 2018

Introduzione a Yeats, di Ariodante Marianni

Conferenza a “Tuttilibri”, Roma 7 aprile 1994

In un saggio del 1937, "Introduzione generale alla mia Opera", Yeats afferma che un poeta scrive sempre della propria vita, delle sue tragedie, qualunque esse siano, rimorso, amore perduto, o mera solitudine, ma che non parla mai direttamente come si fa con qualcuno a colazione, perché c’è sempre una “fantasmagoria”. Dante e Milton avevano le loro mitologie, Shakespeare i personaggi della storia inglese e dei racconti tradizionali, ma anche quando il poeta sembra più se stesso non è mai “quell’ammasso di accidentalità e incoerenza” che siede a tavola a mangiare con voi. Un narratore può descrivere tutte le accidentalità e le incoerenze che vuole; il poeta no, egli è più tipo che uomo, più passione che tipo. Egli è Lear, Romeo, Edipo, Tiresia. Come se fosse uscito da un dramma, è parte integrante della sua fantasmagoria. Ma quando scrive deve saper governare le proprie emozioni, oggettivarle; Yeats non ha dubbi, in proposito: “tutto ciò che è personale marcisce presto; dev’essere conservato nel ghiaccio o nel sale”. Quanto allo stile, esso é inconscio: “Io so quel che ho tentato di fare, poco ciò che ho fatto (egli dice); mi sono proposto di scrivere liriche brevi o drammi poetici in cui ogni parola doveva essere breve e concentrata, cercando di far coincidere il linguaggio della poesia con un discorso normale e appassionato, di scrivere in quel linguaggio che viene naturale nei soliloqui che facciamo tutto il giorno sugli avvenimenti della nostra vita o delle vite in cui ci rispecchiamo in quel momento”.
Pur ricordando che Yeats scriveva queste riflessioni verso la fine della sua carriera di artista e di uomo, mentre tenevano il campo generazioni successive alla sua (Eliot e Pound, Auden e Dylan Thomas, per fare qualche nome), la sua posizione sembra trascendere la pura difesa del proprio modo di scrivere per investire l’eterna polemica tra chi vive il presente vedendo in esso una continuità del passato e chi lo vive ripudiando ogni eredità, e, impaziente di agire, volta le spalle a una visione più complessa della storia e del mondo. Con altre parole, Yeats sostiene ciò che pensano molti, ossia che l’originalità (la personalità, la statura) di un autore non va cercata nelle novità esteriori dell’opera, ma nella ricchezza e nella complessità delle cose che dice e nell’eco profonda che suscita in chi ne fruisce.
Riguardo a Yeats, Giorgio Melchiori, il nostro più autorevole anglista – che pure non ha passato sotto silenzio “le innegabili ombre e penombre di una mente aperta alle influenze più varie e improbabili quando gli si presentavano in forma di suggestione immaginifica” – si è espresso con molta decisione: “In Yeats si riconosce ormai la maggiore voce poetica di lingua inglese degli ultimi cento anni, e v’è chi è pronto ad estendere il confine temporale addirittura a trecento anni, rispettando solo la grandezza di uno Shakespeare, di un Milton, di un John Donne. E non mette conto avanzare la considerazione che Yeats è poeta irlandese, e perciò a suo modo provinciale, appartenente a una letteratura ‘minore’. La grandezza di Yeats si manifesta proprio nella sua miracolosa capacità di superare con la sua istintiva forza e quasi violenza di poesia ogni remora o confine di tradizione, di nazionalità, di credo religioso, politico, filosofico”.
Una rapida scorsa ai dati biografici, soprattutto del periodo giovanile, può aiutare a chiarire i motivi delle “ombre e penombre” a cui il critico accenna e che hanno ostacolato, in passato, la piena accettazione dell’opera yeatsiana. Esse sono fortemente legate al suo sviluppo verso la maturità e investono i due più conclamati interessi che egli coltivò e che gli fornirono materia d’impegno civile e tanta autentica poesia: quello “nazionalistico” per la lotta per l’indipendenza dell’Irlanda, che Yeats condusse sul piano della cultura e lo portò ad approfondire lo studio della mitologia e delle credenze popolari irlandesi, e l’altro, più discusso e arduo da capire, l’interesse per l’occultismo e le pratiche esoteriche.
Illuminante il giudizio di Eliot: “Ci sono poeti la cui poesia può essere considerata più o meno isolata, per l’esperienza che vi si trova e il piacere che trasmette. Ce ne sono altri la cui poesia ha un’importanza storica più ampia. Yeats è uno di questi ultimi; è uno di quei pochi la cui storia è la storia del proprio tempo, e che fanno parte della coscienza di un’ epoca che, senza di loro, non può essere capita”. 
[...]
[...]

Yeats
 
Il testo integrale si può leggere nel volume LA POESIA E LA VITA. Ariodante Marianni dieci anni dopo a cura di Eleonora Bellini (Fermenti Editrice 2017), disponibile nelle migliori librerie on line e presso l'editore.

domenica 15 aprile 2018

"La poesia e la vita. Ariodante Marianni dieci anni dopo" approda a Princeton

Alla Princeton University Library è disponibile in lettura una copia del libro, a cura di Eleonora Bellini, dedicato all'attività letteraria di Marianni e uscito nel decennale della sua morte. Il lavoro del traduttore italiano di Whitman, di Williams e di Thomas riscuote ancora e sempre immutato interesse. Qui sotto il link alla scheda catalografica:

https://catalog.princeton.edu/catalog/10357178

Il saggio è disponibile presso l'editore (Fermenti, Roma) e in tutte le librerie on line.


lunedì 26 marzo 2018

Un pensiero per Ariodante, di Massimo Scrignòli

Nel ricordo di un incontro veronese, parlando di Roberto Sanesi
(e tuttavia con Eliot, Ungaretti, Dylan Thomas, Yeats …)

E tuttavia

per uscire dal mondo dovremo
intuire
decifrare
tradurre
l’angolo minimo di tempo dove

il pane è una luce verticale.

Si passerà da una porta assente
che si può immaginare dietro
le scale, in basso, all’opposto
del rosso che occupa le ore
per tutto il giorno. Il vecchio guardiano
conosce ogni passo, i lati insidiosi
eppure ripete
“Entrate entrate, poi
scendete sette scalini a destra.
Il luogo della fenice è un triangolo
vi accorgerete subito dove
conviene arrivare dove
non si dovrà andare”.

Si entra nel triangolo
e non si pensa a come uscire
se mai si dovesse tornare, o a fuggire
anche se nessuno dice da che cosa

ma è certo che accadrà
in un’altra parte del giorno.

(da Vista sull’Angelo, 1999)

Marianni alla Fiera dei Piccoli Editori, Castello di Belgioioso 2006
A Monselice per il Premio Internazionale di Traduzione, 11 giugno 2006 (il secondo da destra)

domenica 14 gennaio 2018

Recensione di Raffaele Piazza a "La poesia e la vita"

Sul blog di letteratura e poesia POETRY DREAM (Vedi qui)  è apparsa una interessante recensione al libro che, a 10 anni dalla morte, ricorda personalità ed opera di Ariodante Marianni. La riportiamo qui per intero, ringraziando cordialmente il critico Raffaele Piazza:

Ariodante Marianni, poeta e pittore, nacque a Napoli nel 1922. Ancora bambino si trasferì a Roma dove visse per molti anni. Abitò successivamente in età matura a Castel Giuliano di Bracciano e, negli ultimi anni della sua vita, a Borgo Ticino dove morì nel 2007. I suoi versi sono stati raccolti in vari volumi. Marianni fu anche impareggiabile traduttore di poeti moderni inglesi e americani quali Dylan Thomas, Emily Dickinson e dell’intera opera poetica di William Butler Yeats. Negli anni Sessanta e Settanta del Novecento Marianni, con lo pseudonimo di Ario, si dedicò con successo alla pittura esponendo le sue opere in mostre personali e collettive in molte città italiane. La sua attività in questo campo è stata ampiamente documentata dal volume Pagina picta. Il caso l’allegoria e la volontà nella pittura di Ariodante Marianni (Comignago 2005, a cura di Eleonora Bellini). Marianni fu segretario di Giuseppe Ungaretti e addetto stampa del Festival dei due mondi di Spoleto, sempre negli anni Settanta del Novecento. Collaborò a lungo a trasmissioni radiofoniche e televisive e recitò come attore in rappresentazioni teatrali ed in sceneggiati per la RAI.
Il testo su Marianni, pubblicato a dieci anni dalla sua scomparsa, include inediti, contributi critici e testimonianze, raccolti a cura di Eleonora Bellini ed è strutturato in quattro sezioni che seguono la breve presentazione della stessa poetessa, narratrice per l’infanzia, traduttrice e saggista.
Le scansioni sono le seguenti: ARIODANTE MARIANNI, Inediti, rari, riproposti, SAGGI, AMICI e ALCUNE ISTANTANEE.
Come scrive la curatrice l’intento dell’opera è quello di contribuire a costruire una stabile memoria del segno da lui lasciato nella poesia e nella traduzione poetica italiana.
In questi scritti avvertiamo sempre che in Marianni il lavoro letterario si affianca alla passione e alla tenacia, all’acume e alla necessità quasi fisica di pensare il proprio lavoro, e specialmente la poesia, come progetto di vita e soprattutto come ineluttabile destino.
La scrittura è sempre vissuta da Marianni come attività alta, di valore in sé “civile” nella consapevolezza sia della grandezza pressoché inarrivabile dei maggiori che del dovere della fedeltà alla propria visione del mondo, da nutrire di sagace ironia e di misurata utopia. I suoi versi, all’apparenza semplici si rivelano ad ogni rilettura assai complessi per il loro continuo interrogarsi, attraverso il quotidiano – l’umile perfino – sui concetti ultimi, sui meandri inesauribili del pensiero e dell’essere.
La figura di Ariodante, dunque, è quella di una personalità di artista eclettica a tutto tondo nel suo praticare sia la letteratura che le arti figurative, ambiti tra i quali si realizza una forte osmosi, una grande continuità a livello formale e stilistico.
Quanto suddetto si è realizzato anche in maniera contenutistica quando il Nostro, ossessionato dal tema del labirinto, l’ha rappresentato sia con disegni sia con la realizzazione di testi poetici.
Uomo caratterizzato da una forte apertura ai contatti sociali con molti letterati, anche inseriti nel mondo accademico, ed artisti, teso sempre a fare interagire la sua opera e il suo pensiero con quelli di altri nel campo dell’arte, come dimostrano le testimonianze di molti amici inserite nel volume.
E il suo relazionarsi fu sempre di segno positivo, basato sulla stima e l’affetto, contrariamente a quanto si realizza spesso negli ambienti artistici nei quali prevalgono spesso, tra i suoi rappresentanti, rivalità che divengono spesso odi, disamore e litigiosità.
Per quanto riguarda la poetica di Marianni si può senza dubbio definire tout-court neo lirica, come emerge dalla silloge del Nostro contenuta nel volume, raccolta che ha per titolo Poesie sparse Una parziale retrospettiva. Dominano gli squarci naturalistici e si evince un certo ottimismo di Ariodante. Questo s’invera attraverso una struttura dei versi sempre perfettamente controllata, attraverso la capacità di stupirsi dell’autore di fronte alla luna, le lucciole, gli alberi e tutte le piante. Per esempio, in È ancora l’incanto della luna, nella quale sono dette notti serene, già dal titolo possiamo evincere che l’io – poetante si riferisce ad un eterno ritorno, ad una ciclicità della bellezza del creato che si rivela in scenari incontaminati.
In Come sarà quest’albero il poeta si chiede quale sarà la sorte dell’albero stesso quando legioni di architetti scaveranno città sotterranee e la linfa gelerà nei suoi condotti. Nell’ultima strofa è presente una riflessione sulla temporalità quando viene affermato che è assurdo piangere per i giorni che passano troppo in fretta per la nostra ingordigia.
In Mattino inverno, composta da tre quartine libere, è di nuovo protagonista la natura rappresentata da un cielo nel quale la testa calva di un sole si solleva da un cuscino di nuvole. Questo va contro le previsioni atmosferiche nelle quali era previsto “bello stabile” a conferma che la stessa natura non si lascia prevedere da calcoli umani.
Altre tematiche e un tono differenti si riscontrano nelle tre poesie che costituiscono la breve sequenza intitolata L’esperienza, edita per la prima volta nella rivista Fermenti n.245 (2017).
Nella prima di queste poesie è detta l’attesa di un treno alla stazione per la prossima vacanza. Il poeta legge il giornale che reca notizie di rapine, uccisioni, violenze, corruzioni e molti annunci economici e sente che la pienezza della mente è lontana e che la vita è una lotta quotidiana contro il male. Tuttavia, evento positivo, in un vocio vago di alcune donne (in una lingua incomprensibile) trova l’auspicio consistente nel fatto che almeno questa parte del cammino sarà di pienezza, calma e amore.
Nel secondo componimento della serie l’autore descrive una ricerca della felicità affermando che per curare i nostri malesseri chiediamo segni rassicuranti anche dal cielo e che la stessa felicità ci è dovuta tra le altrui sofferenze e i dolori del mondo.
Quindi qui il poeta, abbandonando le visioni idilliache, tocca temi esistenziali sul senso della vita che è degna di essere vissuta.
La terza poesia è enigmatica e misteriosa in quanto in essa viene descritta la corsa di un carretto traboccante di carbone, veicolo guidato da un cocchiere grasso, enorme e fiero somigliante a Vitellio, che torna alla testa dei suoi legionari a prendere Roma. Quindi si evidenzia qui il tema storico.
Una linearità dell’incanto domina nella maggior parte dei casi nel poiein dell’autore e anche il tema del tempo e della caducità delle cose e della vita viene affrontato in componimenti sempre controllati nei quali, oltre alla liricità, si riscontra una vena intellettualistica.
Una figura volitiva, quella di Marianni, che, nella sua lunga vita, ha dimostrato, con l’intelligenza e la sensibilità del suo operare, che la letteratura e le arti figurative sono salvifiche e necessarie per colmare la vuotezza del nostro mondo caotico e consumistico, divenendo strumento salutare e necessario esercizio di conoscenza.
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Raffaele Piazza

Marianni, il quinto da sinistra, con Perilli, Turcato, Dorazio e Ungaretti (seduto)