Ariodante Marianni coltivò la poesia, con riserbo e acribia estremi, fino alla soglia del nulla. L'aveva scoperta alla scuola elementare, grazie a un maestro attento, e l'aveva divorata come lettore durante tutta l'adolescenza e la prima giovinezza, leggendo i classici italiani, poesia epica compresa, anche quella di autori ai nostri giorni quasi dimenticati, come il Tassoni. E l'Ariosto gli fu caro per tutta la vita, così come il Belli, che spesso recitava a memoria. Convisse per molti anni con i poeti anglosassoni, che amò e tradusse in modo esemplare: William Carlos Williams, Dylan Thomas, Walt Withman, William Butler Yeats.
Marianni sul set di "Il giovane dottor Freud" con C. Gravina |
Esercizio coi pennelli cinesi, 1962 |
Scrisse molte poesie, pubblicandole però solo nell'ultimo quarto della sua vita, spesa in molteplici attività, sempre con acuta saggezza e disincantata gioia.
Lo ricordiamo qui, nel nono anniversario dalla morte, con alcuni versi tratti dal libro Un amore senile e altre spezie:
Il messaggio vibrava già nel sonno,
nelle veglie del sonno, dal suo faro
sulle acque scure in attesa dell'alba,
poi l'alba è apparsa disegnando il borgo,
festiva, gaia, scampanando
su vigne ed uliveti a braccia aperte,
trepidante vigilia di un incontro.
(A. Marianni, Un amore senile e altre spezie, Book 2008, p. 44)