domenica 14 gennaio 2018

Recensione di Raffaele Piazza a "La poesia e la vita"

Sul blog di letteratura e poesia POETRY DREAM (Vedi qui)  è apparsa una interessante recensione al libro che, a 10 anni dalla morte, ricorda personalità ed opera di Ariodante Marianni. La riportiamo qui per intero, ringraziando cordialmente il critico Raffaele Piazza:

Ariodante Marianni, poeta e pittore, nacque a Napoli nel 1922. Ancora bambino si trasferì a Roma dove visse per molti anni. Abitò successivamente in età matura a Castel Giuliano di Bracciano e, negli ultimi anni della sua vita, a Borgo Ticino dove morì nel 2007. I suoi versi sono stati raccolti in vari volumi. Marianni fu anche impareggiabile traduttore di poeti moderni inglesi e americani quali Dylan Thomas, Emily Dickinson e dell’intera opera poetica di William Butler Yeats. Negli anni Sessanta e Settanta del Novecento Marianni, con lo pseudonimo di Ario, si dedicò con successo alla pittura esponendo le sue opere in mostre personali e collettive in molte città italiane. La sua attività in questo campo è stata ampiamente documentata dal volume Pagina picta. Il caso l’allegoria e la volontà nella pittura di Ariodante Marianni (Comignago 2005, a cura di Eleonora Bellini). Marianni fu segretario di Giuseppe Ungaretti e addetto stampa del Festival dei due mondi di Spoleto, sempre negli anni Settanta del Novecento. Collaborò a lungo a trasmissioni radiofoniche e televisive e recitò come attore in rappresentazioni teatrali ed in sceneggiati per la RAI.
Il testo su Marianni, pubblicato a dieci anni dalla sua scomparsa, include inediti, contributi critici e testimonianze, raccolti a cura di Eleonora Bellini ed è strutturato in quattro sezioni che seguono la breve presentazione della stessa poetessa, narratrice per l’infanzia, traduttrice e saggista.
Le scansioni sono le seguenti: ARIODANTE MARIANNI, Inediti, rari, riproposti, SAGGI, AMICI e ALCUNE ISTANTANEE.
Come scrive la curatrice l’intento dell’opera è quello di contribuire a costruire una stabile memoria del segno da lui lasciato nella poesia e nella traduzione poetica italiana.
In questi scritti avvertiamo sempre che in Marianni il lavoro letterario si affianca alla passione e alla tenacia, all’acume e alla necessità quasi fisica di pensare il proprio lavoro, e specialmente la poesia, come progetto di vita e soprattutto come ineluttabile destino.
La scrittura è sempre vissuta da Marianni come attività alta, di valore in sé “civile” nella consapevolezza sia della grandezza pressoché inarrivabile dei maggiori che del dovere della fedeltà alla propria visione del mondo, da nutrire di sagace ironia e di misurata utopia. I suoi versi, all’apparenza semplici si rivelano ad ogni rilettura assai complessi per il loro continuo interrogarsi, attraverso il quotidiano – l’umile perfino – sui concetti ultimi, sui meandri inesauribili del pensiero e dell’essere.
La figura di Ariodante, dunque, è quella di una personalità di artista eclettica a tutto tondo nel suo praticare sia la letteratura che le arti figurative, ambiti tra i quali si realizza una forte osmosi, una grande continuità a livello formale e stilistico.
Quanto suddetto si è realizzato anche in maniera contenutistica quando il Nostro, ossessionato dal tema del labirinto, l’ha rappresentato sia con disegni sia con la realizzazione di testi poetici.
Uomo caratterizzato da una forte apertura ai contatti sociali con molti letterati, anche inseriti nel mondo accademico, ed artisti, teso sempre a fare interagire la sua opera e il suo pensiero con quelli di altri nel campo dell’arte, come dimostrano le testimonianze di molti amici inserite nel volume.
E il suo relazionarsi fu sempre di segno positivo, basato sulla stima e l’affetto, contrariamente a quanto si realizza spesso negli ambienti artistici nei quali prevalgono spesso, tra i suoi rappresentanti, rivalità che divengono spesso odi, disamore e litigiosità.
Per quanto riguarda la poetica di Marianni si può senza dubbio definire tout-court neo lirica, come emerge dalla silloge del Nostro contenuta nel volume, raccolta che ha per titolo Poesie sparse Una parziale retrospettiva. Dominano gli squarci naturalistici e si evince un certo ottimismo di Ariodante. Questo s’invera attraverso una struttura dei versi sempre perfettamente controllata, attraverso la capacità di stupirsi dell’autore di fronte alla luna, le lucciole, gli alberi e tutte le piante. Per esempio, in È ancora l’incanto della luna, nella quale sono dette notti serene, già dal titolo possiamo evincere che l’io – poetante si riferisce ad un eterno ritorno, ad una ciclicità della bellezza del creato che si rivela in scenari incontaminati.
In Come sarà quest’albero il poeta si chiede quale sarà la sorte dell’albero stesso quando legioni di architetti scaveranno città sotterranee e la linfa gelerà nei suoi condotti. Nell’ultima strofa è presente una riflessione sulla temporalità quando viene affermato che è assurdo piangere per i giorni che passano troppo in fretta per la nostra ingordigia.
In Mattino inverno, composta da tre quartine libere, è di nuovo protagonista la natura rappresentata da un cielo nel quale la testa calva di un sole si solleva da un cuscino di nuvole. Questo va contro le previsioni atmosferiche nelle quali era previsto “bello stabile” a conferma che la stessa natura non si lascia prevedere da calcoli umani.
Altre tematiche e un tono differenti si riscontrano nelle tre poesie che costituiscono la breve sequenza intitolata L’esperienza, edita per la prima volta nella rivista Fermenti n.245 (2017).
Nella prima di queste poesie è detta l’attesa di un treno alla stazione per la prossima vacanza. Il poeta legge il giornale che reca notizie di rapine, uccisioni, violenze, corruzioni e molti annunci economici e sente che la pienezza della mente è lontana e che la vita è una lotta quotidiana contro il male. Tuttavia, evento positivo, in un vocio vago di alcune donne (in una lingua incomprensibile) trova l’auspicio consistente nel fatto che almeno questa parte del cammino sarà di pienezza, calma e amore.
Nel secondo componimento della serie l’autore descrive una ricerca della felicità affermando che per curare i nostri malesseri chiediamo segni rassicuranti anche dal cielo e che la stessa felicità ci è dovuta tra le altrui sofferenze e i dolori del mondo.
Quindi qui il poeta, abbandonando le visioni idilliache, tocca temi esistenziali sul senso della vita che è degna di essere vissuta.
La terza poesia è enigmatica e misteriosa in quanto in essa viene descritta la corsa di un carretto traboccante di carbone, veicolo guidato da un cocchiere grasso, enorme e fiero somigliante a Vitellio, che torna alla testa dei suoi legionari a prendere Roma. Quindi si evidenzia qui il tema storico.
Una linearità dell’incanto domina nella maggior parte dei casi nel poiein dell’autore e anche il tema del tempo e della caducità delle cose e della vita viene affrontato in componimenti sempre controllati nei quali, oltre alla liricità, si riscontra una vena intellettualistica.
Una figura volitiva, quella di Marianni, che, nella sua lunga vita, ha dimostrato, con l’intelligenza e la sensibilità del suo operare, che la letteratura e le arti figurative sono salvifiche e necessarie per colmare la vuotezza del nostro mondo caotico e consumistico, divenendo strumento salutare e necessario esercizio di conoscenza.
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Raffaele Piazza

Marianni, il quinto da sinistra, con Perilli, Turcato, Dorazio e Ungaretti (seduto)