lunedì 18 marzo 2013

Mario Picchi su alcune poesie di Ariodante Marianni

Artista libero e solitario, Ariodante Marianni si è fatto un nome come insostituibile traduttore di poeti come Dylan Thomas, W.B. Yeats, W.C. Williams e Walt Whitman, procrastinando il suo esordio come poeta in proprio nel 1988, quando pubblicò due volumetti di versi degli anni Cinquanta, De l' amour e Viaggio in incognito che per la loro freschezza e immediatezza piacquero assai ai lettori giovani. Con questo, di anni recenti, egli colma d' un tratto il vuoto da quei tempi lontani a oggi:l'abbandono al canto d' amore di ieri si salda con quello al canto d' amicizia di oggi, la voce è la stessa, limpida e forte, il tono soltanto è screziato di amarezze impavidamente considerate e gettate dietro le spalle. Chiuso fra una Poesia per il proprio compleanno e un Brindisi di San Silvestro sta il nucleo della raccolta: sette Lettere oraziane ad amici viventi, e alcuni saluti ad amici defunti, fra i quali spicca per densità e passione il Requiem laico per Vittorio Sereni. Orazianamente, gli argomenti delle Lettere sono personali e universali: sul traviamento delle parole, sulla responsabilità personale, su vita e morte, sull' inquinamento e la fuga in campagna, su Roma sporca e corrotta, sul mondo-mercato: ma di esse e delle altre il tema evidente e profondo è l' amicizia, e i personaggi ne sono soltanto gli amici, fra i quali si includono, insieme a noti poeti come Ungaretti, Sereni, Luzi, anche un ignoto ma importante cacciatore di paese e quello scriba egiziano della XII dinastia il quale lamentò che ogni parola era stata scritta. Ci vuol coraggio, in tempi di poesia chiusa come i nostri, a scrivere così solarmente come fa Marianni: un linguaggio allegramente e ferocemente discorsivo, che usa le parole più gergali e trite dell' oggi componendole in un contesto classicamente armonioso, e intimamente furioso, in versi pieni e tesi come chicchi ben maturi.
Mario Picchi per "la Repubblica" del 26 gennaio 1991

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