domenica 24 febbraio 2013

Recensione a Giuseppe Favati: "Per esempio, con la coda dell’occhio"

     L’enorme quantità di libri che arrivano sul tavolo di chiunque si occupi di letteratura può far sì  che fra essi possa anche nascondersi un capolavoro che solo anni dopo verrà riconosciuto da qualche solerte e attento ricercatore. Nella cernita immediata che se ne fa, alcuni vengono sfogliati subito e giudicati; di altri si rimanda la lettura a tempi più distesi, talvolta alle vacanze. E’ quello che mi è capitato di fare con questo romanzo di Giuseppe Favati, dal titolo ammiccante e reclamante complicità di Per esempio, con la coda dell’occhio (Manni Editori, S. Cesareo di Lecce, 2005). E’ un libro francamente pornografico, che l’autore, finissimo letterato, si affretta a giustificare e avallare ad apertura di pagina con questa dotta citazione dal “Dizionario filosofico” di Fernando Savater, alla voce Teresa: “Sapevi, mia lettrice, che fino a poco tempo fa, nel catalogo di molti librai, la denominazione ‘libri filosofici’ includeva le opere pornografiche? Questo encomiabile contagio proviene dal diciottesimo secolo, come tante altre cose buone. In quell’epoca benedetta, essere filosofi anche in questo significava, in generale, essere libertini […]. L’aggettivo diventava inequivocabile quando veniva applicato ai racconti o ai romanzi ‘filosofici’. Ancor più, naturalmente, se queste narrazioni erano opera di autori francesi”.              
     Il romanzo, che inizia con la descrizione di un "rituale"  lesbico fra la protagonista Totò e la sua compagna Nrica, un medico dalle  cui risorse dipende economicamente, è strutturato per capitoli alla stregua di un rapporto epistolare fra la stessa Totò e il suo ex Onorio, in cui ciascuno racconta all’altro le proprie vicende erotiche, a stuzzicarne verbalmente la fantasia, quasi una continuazione dei loro antichi rapporti. E sarà proprio la scoperta delle lettere di lui a scatenare la gelosia di Nrica e a far cessare il rapporto fra le due donne. Non vado oltre nella descrizione del libro per non togliere al lettore il gusto e la sorpresa di scoprire da sé le varie fasi di una vicenda ricca di momenti sapidi e allegramente satirici ma anche di sotterranee incursioni nel mondo dei diseredati e dei senza lavoro, ossia dei senza futuro. Favati si rivela in queste pagine scrittore a tutto tondo, con uno stile originale, polposo, da gustare come un frutto maturo. A conforto del giudizio ampiamente positivo che ho del romanzo, mi piace riportare ciò che ho trovato on line a firma di Eleonora Bellini e che mi sembra centri con acume quella che anche a me pare essere la principale caratteristica del libro:       
         "... qui non vi è solo il racconto gustoso di comportamenti e vicende da boudoir, lo sguardo si allarga, come già quello dei filosofi illuministi, a considerare situazioni taciute o ipocritamente negate dai più: i bisogni sessuali - erotici, amorosi - dei portatori di handicap, ad esempio, oppure degli anziani. Tutti raccontati con la voce "dal di dentro" della principale protagonista, un personaggio dotato di più storie e più volti, tra i quali anche quello di paladina all'interno di Ricominciare dalla tre, originale associazione, a mezzo tra il volontariato puro e semplice e l'enfatico attivismo da esercito della salvezza. Naturalmente qui la missione è quella della salvezza sessuale, dell'esercizio erotico, della condivisione del piacere, per missionarie ed adepti, senza distinzione". 
         A conclusione di questa breve nota vorrei aggiungere un accenno a un autore del primo ‘900 che fece dell’erotismo il proprio cavallo di battaglia, raggiungendo fama e ricchezza ma anche processi per oltraggio al pudore e persecuzioni razziali: parlo dell’ebreo Dino Segre, che con lo pseudonimo di Pitigrilli pubblicò a partire dagli Anni Venti vari romanzi di enorme successo (ne ho letto uno in questi giorni, “Cocaina”, del 1921, che nel ’28 era già alla sua 12a edizione!), oggi del tutto dimenticato. Era anche lui uno scrittore “libertino”, ossia un libero pensatore, con l’occhio attento alle magagne del suo tempo.
         Il lettore dunque si lasci pure coinvolgere dalla trama e dalle sapide situazioni del romanzo di Favati, ma non dimentichi che l’occhio dello scrittore spazia in un campo più ampio, penetra oscuri e taciuti anditi della società del suo tempo: il nostro.          

                                                                                                Ariodante Marianni

sabato 16 febbraio 2013

Da "Confiteor", poesia scritta dal poeta nel suo trentesimo compleanno

[...]
Con la testa confusa e il cuore gonfio
di trite notizie (che c'è di nuovo
al mondo? - in Corea si combatte,
una regina è succeduta a un re,
i governi proclamano equilibri
di forze e tornano ad armarsi)
questa mattina mi sono aggirato
per le sale del Palazzo dei Cesari, sul Palatino,
tetre come spelonche di cavernicoli,
e ho camminato a lungo pei vialetti
tra marmi rotti, muri dissepolti,
e tutta la superbia umiliata
che ora serve da sfondo alla foto dei turisti,
tra l'alloro e l'acanto e il finocchio selvatico
(era lo Zefiro, quel venticello odoroso?)
lucertole e sterco disseccato,
pensando al tempo distruttore e alle mire dell'uomo,
a mille altre cose più o meno sublimi,
esaltandomi, ironizzandomi,
prendendo appunti per una stolta abitudine
(ed era un fiore quel miracolo giallo?)
[...]

(16 febbraio 1952, trentesimo compleanno del poeta)

La poesia "Confiteor" fu pubblicata in Poesia in piego (Roma, 1979)  e successivamente nel Quaderno del premio AntonioCerruti - Ariodante Marianni (Borgo Ticino 2009)

Ario, geometrie, 1970

venerdì 15 febbraio 2013

Se in tutto questo disordinato stupore


Se in tutto questo disordinato stupore
l’abbaglio proviene dal pensiero
perché il fine che insegue è “verità”
e troppo precisa pretende la risposta,
quali domande daremo al bambino,
quali incertezze e dubbi e negazioni?
L’acqua e la roccia sembrano accaparrarsi
tutta la dialettica dell’essere: la lotta
riporta allo sgabello, ogni apparente vittoria
ripropone la stessa sequenza:
più, più verità, con quel che segue…

Ed ecco, noi riprendiamo il cammino
in mezzo ai ruderi del labirinto, in cerca
di quel centro che non esiste, lungo vie
da gran tempo abolite, guidando il bimbo
per mano: per quell’amore, per quell’amore
che ci consuma, che già sappiamo inutile
sapienza, o forse solo elusiva bellezza.

(da Viaggio in incognito, Biblioteca Cominiana 1988; poi in Stato d’allerta, Manni 2002)

lunedì 11 febbraio 2013

Scario

                          
La luna la vedemmo arrampicarsi sul tetto
e galleggiare poi nel cielo scuro
e il mare, sotto, sbriciolarne il lume
in piccoli frammenti rilucenti.

Ci separava un tavolo per due.
Vi danzavano sguardi e desideri,
dividevamo i cibi  per gustare
il sapore di labbra sorridenti.

Ariodante Marianni da Un amore senile e altre spezie, Book 2008

Ario, Paese di mare, piccolo monotipo su carta

domenica 10 febbraio 2013

Nota di Alfredo Luzi alla raccolta poetica "Un amore senile ed altre spezie"

“L’erotismo è la conferma della vita dentro la morte”
( Georges Bataille, La letteratura e il male)

Un amore senile e altre spezie è un ritratto in versi (versi e immagine svolgono nella tensione espressiva di Ario, poeta e pittore, una funzione sinergica) di un uomo il cui bilancio esistenziale nel declinare dei suoi giorni e nell’incedere dell’ombra è vivificato dal miracolo di un ultimo amore, quasi insperato, capace di trasformare la senilità in un tempo felice di trepide attese.
Il titolo della raccolta è davvero una soglia dalla quale il lettore accede in un edificio poetico costruito sulla consapevolezza di vivere sul crinale di una esperienza in cui l’amore non è “german di giovinezza”, ma una “spezia” che dà sapore al tempo della vecchiaia biologica, che riscatta con il suo turbinio di sensazioni l’inesorabile legge del dispendio e della fine. C’è come una circolarità tematica che congiunge la prima opera poetica di Ariodante, pubblicata nel 1987, De l’amour, e questo Amore senile, un desiderio di sconfiggere Crono ingrediente con il mito dell’eterno ritorno.
Poesie queste ultime come rasserenate, dense, nonostante tutto, di utopia, diverse da quelle raccolte in Stato d’allerta, dove il segno vibrava di indignazione civile ed etica nei confronti di una società moderna disorientata nella sua perdita di valori, risucchiata in una permanente condizione di paura che domina la vita attuale, svuotata di senso, anche se verso la parte finale del volume la forza urticante della critica sociale torna a farsi sentire nel gioco del rovesciamento, del rapporto tra vita privata e vita collettiva, della polemica contro gli OGM e la globalizzazione, della deprivazione lessicale (emblematica la poesia Scontemplazione, un inno al ricorso della “mens contemplatoria”).
Eppure c’è qualcosa che lega questi testi ai precedenti: la procedura ermeneutica e gnoseologica che potrei definire semiotica dello sguardo. Il punto di  contatto tra io e mondo è per Ariodante sempre l’acquisizione visiva di oggetti, figure, paesaggi, treni, dipinti, epifanie sorte da opere letterarie, cinematografiche o teatrali. E’ tutta materia sottratta alla vita e dunque alla sua sorte di morte e salvata dalla forza emblematica, cioè avviluppante, sintetica, della parola poetica.
Attraverso la memoria  culturale di pagine baudelairiane e sveviane, come in Amitié amoureuse, Marianni assevera che “da uno sguardo può nascere un amore”, recupera una suggestione da Miller o da Sereni  (Uno sguardo dal ponte ) per focalizzare nella vena pulsante di un polso “il miracolo della vita”, tratteggia cromaticamente, con la forza iconica del pittore, i luoghi visitati (il lago d’Orta, Scario e il Golfo di Policastro, Shangai e i suoi quartieri) e li trasforma in spazi ritmati dal suo viaggio esistenziale, giungendo fino al punto di recuperare il tema stilnovistico del sorriso, parola-chiave presente in molte composizioni, come traccia amorosa e guida verso la felicità umana. [...]

L'intero intervento critico di Luzi si legge nel libro, uscito per i tipi di Book Editore nel 2008


venerdì 8 febbraio 2013

"Le poète entend le son du mond muet", Hans Richter per Ariodante Marianni

"Le poète entend le son du monde muet. Le peintre voit les formes et les couleurs de l’invisible. L’invisible du monde silencieux c’est le royaume de Ario Marianni."
Hans Richter, 1967

Ario (Ariodante Marianni), Creature, 1964

"Il poeta sente i suoni del mondo muto. Il pittore vede le forme e i colori dell'invisibile. L'invisibile del mondo silenzioso è il regno di Ariodante Marianni"
Hans Richter, 1967