Cerch da non morì ancora
cortell e velen i tengh lontan
perché me voj ben
voj ben ma le mi man
che stringhen el bichier la forcina
tremen puliscne se movne
fan qualca caressa
han le unghie ch’ creschen
mettne tel nas j’ochial per leggia e scriva
Cerco di non morire
Cerco di non morire ancora / coltelli e veleni li tengo lontani / perché mi voglio bene / voglio bene alle mie mani / che stringono il bicchiere la forchetta / tremano puliscono si muovono / fanno qualche carezza / hanno le unghie che crescono / mettono sul naso gli occhiali per leggere e scrivere
(Ispirata alla poesia “Non morire” di Agota Kristof, in Chiodi, traduzioni di Vera Gheno e Fabio Pusterla. Postfazione di Fabio Pusterla, Casagrande 2018).
Pur dichiaratamente ispirati ai versi di Agota Kristof, questi di Maria Lenti mostrano una loro autonoma e robusta freschezza che va ben al di là dell’originale. Come la grande Wislawa Szymborska, l’autrice sa trarre dalla quotidianità più umile motivi di profonda riflessione sulla condizione umana. L'uso del dialetto urbinate rafforza il senso di radicamento nel mondo, di saggezza e di legame con la vita di questa poesia.
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