(A mio padre)
L’ombra che tu scorgi adesso
del muro antico di roccia scura
è tutto quello che rimane.
Più non c’è proteso il ramo
sul colore vivido dell’erba,
il frullo del merlo spaventato.
Adesso ti parla quell’ombra
di tutto il tempo scivolato
nelle crepe della pietra,
segreto nascondiglio di ramarro.
Degli inverni con l’ardere dei fuochi
o delle sterpaglie bruciate a primavera,
dell’autunno quando il cielo s’impigriva
e sopra il fiume inerte galleggiava
qualche foglia di ciliegio selvatico.
Ora puoi guardare
le nuvole da tutti i lati
e accorgerti che il vento
con loro dipinge stracci di luce
addosso a un mondo bagnato.
E come il vento anche tu
puoi sottrarti al buio
di queste stanze chiuse
e scompigliare l’orda dei ricordi
imprigionati in quadri polverosi.
Tutto cambia e si rincorre
come una placida corrente
dentro un segno proiettato nel futuro,
nella memoria della luna.
Tutte le luci accese
in una notte di Carnevale
sfrigolavano sul velluto della sera.
Poi fu solo l’alba
e quella pioggia fredda,
smemorata.
Profonda e suggestiva lettera al padre, in cui la memoria e l'affetto disegnano paesaggi ricchi di vita e di sentimenti, tanto profondi quanto espressi in modo essenziale, quasi con pudore.
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