martedì 18 ottobre 2022

Versi per Ario. Poesie finaliste: Non tutto era miseria di Antonio Blunda

Cinque metri per tre, neon bianco, luce fredda.

Quasi tutto si spense.

Guardai la città, nel silenzio delle sei.

Nella controluce del pavimento mappe, a mio giudizio,

avrebbero dato lavoro ai cartografi.

Se ne stavano sulla linea di confine luoghi,

ed eserciti, e formicai.

L’umanità, nella sua esplicazione.

C’era l’ ingegneria di un ponte, un passaggio a livello,

un fumante camino, un orologio battente nella nebbia,

un rumore di scarpe, un bar aperto dalle cinque del mattino.

C’era il sonno, e l’abbandono del letto,

il suono amico dei bicchieri, la fame della stanchezza,

lo strano segno della malattia, la tosse profetica della morte leggera.

C’era la desolazione, e la densità, il sacrificio e il pensiero,

la speranza, prestata alle macchine.

Ovunque la traccia polverosa d’una pietra miliare

v’era a dire qualcosa. E quasi tutto si spense.

Non tutto stamani era miseria al mondo.

Dagli occhi allo stelo, dal creato alla ringhiera,

una voce indovina cantava nuda

l’abbandono delle proprie ossa nella stanchezza del mento.

Non tutto era cemento,

non tutto cinque metri per tre, neon bianco, luce fredda.

Una croce a cena era comparsa, prima, nella sera.

Persino Dio, che ritornava a casa.

Fu allora, che quasi tutto il dolore si spense,

poiché non tutto, era miseria al mondo.



Versi lunghi, dal tono narrativo, dipingono una città desolata e confusa, brulicante di dolore. Fino ai versi finali in cui il dolore si placa nella speranza.

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